
Zona42, pp. 272, € 13, 90.
Disonore su di me, disonore sulla mia famiglia, disonore sulla mia mucca: prima di Avrai i miei occhi, non avevo mai letto nulla della straordinaria Nicoletta Vallorani, tra le voci più affermate della fantascienza italiana e prima donna ad aggiudicarsi, nel ’92, il Premio Urania con il suo romanzo d’esordio Il cuore finto di DR. Scrittrice eclettica che nel corso degli anni ha saputo spaziare dal noir alla letteratura per l’infanzia, con Avrai i miei occhi la Vallorani torna a muoversi in territorio fantascientifico, tra le cicatrici di una Milano futura, nerissima e devastata. La metropoli sopravvive divisa, geograficamente e socialmente: le ferite inferte al tessuto urbano hanno la consistenza di mura invalicabili che separano la ricca area residenziale della Città Murata dalla Cinta, magma ribollente di miseria e violenza.
I protagonisti del romanzo sono mutilati quanto la città che abitano: mutilati nella percezione di sé, negli affetti, nelle storie che si trascinano dietro come bagagli troppo ingombranti. Nigredo è chiamato a investigare sul ritrovamento di decine di corpi di donne, abbandonati nei campi industriali che circondano la città e ne costituiscono il confine ultimo; Olivia, sguardo impassibile a mascherare l’orrore sepolto nel suo passato, lo aiuta nelle indagini: i due si conoscono da tempo, anime e solitudini gemelle, due sopravvissuti che non si rassegnano ai nuovi confini di una città che ricordano intera. Cosa si nasconde dietro quei corpi di donne, diafani e bellissimi? Sono davvero solo cavie, oggetti, bambole costruite per soddisfare le voglie perverse di uomini simili a bestie, alimentando il mercato teoricamente illecito degli snuff?
La Vallorani costruisce sapientemente un’indagine che si snoda nel labirinto di una città disgregata e in quello della mente umana. Lo fa attraverso una scrittura elegante e chirurgica, che accoglie in sé il candore della neve su Milano e il rigore dei corpi che la infestano, in pennellate brevissime che disegnano una geografia di dolore, violenza e bellezza. Il pregio di Avrai i miei occhi non si esaurisce nell’originale componente futuristica e distopica dell’ambientazione: ci sono le tinte noir che l’indagine assume, c’è lo stile della Vallorani nero come la notte e dolce come il peccato, ci sono i personaggi fragili e contorti, in fieri, presentati tramite un’accorta alternanza tra narrazione in prima e seconda persona. C’è la denuncia – senza mai scadere nel semplicismo – di un sistema che mercifica e svende il corpo della donna, che derubrica gli stupri e la violenza: tematiche che non vanno inseguite tra le ombre di una città del futuro, perché tristemente attuali. C’è un puzzle di visi e corpi che sancisce e celebra l’unicità di ogni individuo e condanna coloro che vorrebbero ridurci a un unico modello, a una matrice prestabilita. C’è la Milano da incubo, corpo urbano ferito che accoglie fantasmi ed emarginati tra le sue cicatrici fresche. E c’è il filo rosso che lega due anime perdute “sull’orlo slabbrato del mondo”, per usare le parole dell’autrice.
Un libro da leggere, che siate o meno amanti del genere fantascientifico, per scoprire o riscoprire una penna straordinaria e una storia potente ed essenziale.